Le 10 opere d’arte più tristi di sempre

Le opere d’arte fanno vivere emozioni. Oggi vogliamo raccontarvi la tristezza attraverso i quadri che hanno saputo meglio rappresentarla

L’Arte non è finzione, ma realtà condensata su tela.

Spesso può essere allegra, colorata e farci sentire trasportati in un universo di sola bellezza. Altre volte, può raccontarci sentimenti dolorosi, può suonare quelle corde del nostro animo che ci fanno sentire tristi e malinconici. Eppure, anche quest’ Arte ci fa bene: ci fa sentire meno soli e più consapevoli che quel dolore non è solo nostro, ma anche di chi ha realizzato il quadro e di chi, come noi, lo sta osservando.

Probabilmente l’uomo ama la vita perché quel dolore di sottofondo se lo porta sempre dietro, e forse aveva ragione Dostoevskij:

La vita è dolore, la vita è paura e l’uomo è infelice. Ora tutto è dolore e paura.
Ora l’uomo ama la vita, perché ama il dolore e la vita.

– Fedor Dostoevskij 

Scopriamo i quadri più belli in grado di farci percepire la tristezza e la malinconia attraverso i loro colori e soggetti.

I 10 quadri più belli ispirati alla tristezza

Cominciamo questo viaggio nella malinconia e scopriamo chi sono gli artisti che hanno saputo meglio rappresentare il freddo, il cuore che diventa ovattato e la mente che rallenta su pensieri dolorosi. Abbiamo selezionato alcune delle opere più belle di differenti artisti e di diversi periodi storici, questo perché i sentimenti non hanno data di scadenza e sono immortali per l’uomo: siamo destinati a viverli tutti, di generazione in generazione, come un ciclo senza fine.

Edvard Munch, Melanchony

Un uomo pensoso e solitario, con dietro di sé un paesaggio che richiama la lentezza. I suoi pensieri hanno rallentato come l’acqua che bagna le sponde. Le forme richiamano una sorta di densità, come se gli stessi pensieri dell’uomo fossero densi e pesanti, simili alle linee che gli fanno da sfondo.

Pablo Picasso, Poveri in riva al mare

Con quest’opera ci troviamo all’interno del Periodo Blu di Picasso. Si tratta di una fase artistica di Picasso con una connotazione più triste e malinconica, resa appunto dalle sfumature di blu dei suoi quadri e dalla malinconia dei soggetti rappresentati. Il poeta Apolinnaire ha commentato le opere di Picasso di questa sua fase artistica con le parole giuste, che ancora oggi riescono a farcene percepire l’intensa tristezza:

Picasso ha guardato le immagini umane che ondeggiano nell’azzurro delle nostre memorie […]. Fanciulli vaganti senza catechismo, che sostano mentre la pioggia dissecca, che non conoscono l’abbraccio e comprendono tutto […]. Donne non più amate, ma che ricordano, che dileguano col sorgere del giorno, appagate di silenzio […]. Picasso ha vissuto questa pittura rorida, blu come il fondo umido del baratro, misericorde: una misericordia che lo ha reso più aspro.

 Albrecht Durer, Melanconia I

Malinconia di Durer
Melanconia I di Durer – mostradante.it

 

Le tonalità in bianco e nero non fanno altro che esaltare la profonda tristezza e il senso di malinconia che stanno provando i soggetti rappresentati. Si tratta di un’incisione che rappresenta, attraverso elementi alchemici, l’animo umano: la chiave simboleggia la coscienza dell’uomo che può liberarlo dal suo stato melanconico e il pipistrello illuminato arriva per spazzare via le tenebre.

Edward Hopper, Tavola calda

Sola e pensosa, una giovane donna sta sorseggiando un tè seduta in una tavola calda, probabilmente rimuginando sui pensieri più densi e fastidiosi che le vorticano in mente. La scena è ambientata negli anni ’20 a Manhattan, e la protagonista è una giovane flapper dell’epoca, riconoscibile per il trucco marcato sul viso.

Edgar Degas, L’ Assenzio

Assenzio
L’Assenzio di Degas – mostradante.it

 

Due clienti sono seduti in un bar, ma l’attenzione viene catturata dalla donna. Infatti, lei mostra un’espressione triste e corrucciata, che le appesantisce il viso proprio come stanno facendo gli abiti che indossa con il suo esile corpo. La sua postura con il busto piegato in avanti e le spalle cadenti, indica depressione e abbandono. L’assenzio era una bevanda alcolica molto forte in voga nell’Ottocento, e sembra proprio che la protagonista stia cercando di annegarcici dentro i suoi dispiaceri.

Vincent van Gogh, Sulla soglia dell’eternità (vecchio che soffre)

Sulla soglia dell'eternità quadro
Sulla soglia dell’eternità di Vincent van Gogh – mostradante.it

 

La sofferenza del protagonista è evidente in questo quadro di Vincent. L’uomo si tiene il volto tra le mani ed è seduto accovacciato su sé stesso. Si tratta di un veterano di guerra che il pittore aveva incontrato un anno prima. L’uomo viene rappresentato come se fosse schiacciato dai suoi drammi interiori, le pennellate e i colori utilizzati aiutano a marcare il suo tormento.

“Se senti una voce dentro di te che dice “non puoi dipingere”, allora a tutti i costi dipingi e quella voce verrà messa a tacere”

– Vincent van Gogh

Edvard Munch, Despair

In un’ambientazione che presenta i classici colori di Munch: il rosso sangue e il blu denso e sfumato che richiama il dolore e la tristezza interiore, avvolgono il protagonista che osserva il vuoto davanti a sé. Non si può non notare la somiglianza del luogo in cui è ambientato il quadro con un’ altra famosa opera di Munch: “L’urlo”.

Ubaldo Bartolini, La paura

Come un’onda che prima o poi raggiunge tutti quanti, la paura avanza verso l’esile figura senza volto che cerca invano di allontanarsi per potersi salvare. Le braccia sono congiunte per proteggersi da quel gelo e dalla violenza dell’impatto con cui l’acqua sta per imbattersi su di lei.

Giuseppe Mentessi, Lagrime

Una bambina piange tra le braccia di un uomo coprendosi il viso con la mano e rifugiandosi contro di lui. Un insieme di forme sfumate che grazie alla colorazione grigio azzurra sottolineano la tristezza della giovane e il senso di protezione dell’uomo nei suoi confronti.

Caspar David Friedrich, Il Viandante sul mare di nebbia

Viandante su mare di nebbia
Viandante su mare di nebbia – Friedrich – mostradante.it

 

Emblema della pittura romantica dell’Ottocento, il protagonista è un viaggiatore romantico che contempla un baratro fatto di nebbia e riflette inerme sulla sua anima, i suoi dubbi e le sue insicurezze. I paesaggi di Friedrich sono famosi per il senso di malinconia che riescono a suscitare in chi li guarda e, anche in questo caso, il quadro ne è una conferma.

L’opera vuole essere una rappresentazione del sublime, ovvero un’esperienza estetica molto discussa a livello artistico e letterario.

Il sublime viene descritto in questo modo da Burke:

“Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile, o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è una fonte del Sublime… è ciò che produce la più forte emozione che l’anima sia capace di sentire”

Nei quadri che abbiamo visto fin ora il terrore non è provocato da un oggetto esterno, ma dagli stessi pensieri che tengono prigionieri i nostri protagonisti nelle sbarre della loro mente.

In conclusione, il dolore e la tristezza sono ciò che ci rende umani, il prezzo da pagare per gli attimi di felicità. L’Arte, come specchio della natura umana, non ha potuto estraniarsi dal rappresentare anche e soprattutto, gli aspetti più reconditi, bui e tristi dell’animo umano. Forse proprio per darci il coraggio di affrontarli e farci sentire meno soli mentre combattiamo la nostra battaglia contro di loro.

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