Il documentario tratta sì la storia dei Bronzi di Riace, ma ne approfitta per parlare della Calabria più in generale
Il 16 agosto 1972, a soli 300 metri dalla costa di Riace Marina, nella provincia di Reggio Calabria, a una profondità di 8 metri nel Mar Ionio, vennero scoperte due statue di grande importanza storica, riconducibili alla Grecia classica. La segnalazione alle forze dell’ordine venne fatta da Stefano Mariottini, un sub dilettante romano in vacanza nella zona, che notò la presenza delle statue durante una delle sue immersioni. I Carabinieri furono incaricati del recupero delle statue, che successivamente furono inviate all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Le statue, esposte per la prima volta al pubblico nel 1981, suscitarono grande interesse e furono definitivamente collocate nel Museo Archeologico di Reggio Calabria. Tuttavia, la storia dei Bronzi di Riace è avvolta da misteri e domande senza risposta. Il documentario “Semidei”, diretto da Fabio Mollo e Alessandra Cataleta, esplora questi enigmi e la storia completa dei Bronzi.
Il docufilm nel dettaglio
Il film inizia dal contesto di Reggio Calabria, seguendo la strada della Statale 106 che si dirige verso il mare, passando per vari luoghi significativi, come Pellaro, Bocale, Lazzaro, Saline Joniche, Caulonia e Stignano, fino ad arrivare a Riace. Questo percorso riflette il viaggio dei Bronzi, ma in direzione opposta. “Semidei” non si limita a esaminare l’aspetto archeologico e artistico delle statue, ma si spinge anche nei territori della storia, della cronaca e delle dinamiche sociali della Calabria.
Il documentario si muove avanti e indietro nel tempo, esplorando l’itinerario dei Bronzi dalla loro scoperta fino alla loro collocazione attuale. Si sofferma sugli eventi significativi come l’esposizione al Quirinale nel 1981, fortemente voluta da Pertini, e si allarga per includere contesti come il Quinto Centro Siderurgico a Gioia Tauro, i Moti di Reggio Calabria, i campi rom della Piana, la Seconda Guerra di ‘Ndrangheta, i morti di Cutro e i profughi ucraini.
La citazione di Georges Didi-Huberman all’inizio del film, “L’immagine spesso ha più memoria e più avvenire di colui che la guarda”, sottolinea l’importanza delle immagini nel raccontare la storia e nel plasmare la memoria collettiva. “Semidei” si propone di esplorare il passato e il presente dei Bronzi di Riace, affrontando misteri e portando alla luce storie inascoltate. Il film diventa così un viaggio attraverso la memoria e la complessità della Calabria, una regione che si identifica profondamente con i suoi “Semidei”. Presentato con successo alle Giornate degli Autori del Festival del Cinema di Venezia e accolto con entusiasmo al MedFilm Festival di Roma, il film si distingue per la sua capacità di intrecciare la narrazione storica con la vita contemporanea, esplorando le radici della regione attraverso una lente artistica e sociale.
Il racconto prende avvio dalla leggendaria lotta tra Eteocle e Polinice, narrata nei Bronzi di Riace, una storia innaturale di fratellanza sconvolta dalla morte. Il mito conferisce alle statue un valore simbolico di pace, un monito contro i conflitti che risuona attraverso i secoli. Uno degli aspetti più affascinanti di “Semidei” è la sua esplorazione tecnico-artistica delle statue. Grazie a riprese subacquee e contributi di esperti, lo spettatore viene condotto all’interno delle cavità interne delle statue, offrendo una prospettiva unica sulla loro creazione e storia. Il regista si avvale del materiale di repertorio, filmini familiari, documenti inediti e testimonianze originali per creare uno sguardo ricco e coinvolgente.
Il documentario non si limita a esplorare il valore artistico dei Bronzi, ma si propone di comprenderli come veicoli di un messaggio di pace. Attraverso interviste, tra cui quella inedita a Stefano Mariottini, il sub che li ha recuperati, emerge il concetto che questi guerrieri di bronzo sono “Semidei”, esseri che vanno oltre l’arte per comunicare un desiderio di pace e bellezza che attraversa i secoli. Il documentario si trasforma in una riflessione sulla bellezza, sulla diversità e sull’accoglienza. Le due statue, come suggerisce il film, diventano un filo che connette ricercatori, archeologi, studiosi, a persone comuni, creando un mosaico complesso di fughe, approdi e ritorni.
Le intenzioni del documentario
I Bronzi di Riace sono più di semplici statue: rappresentano uno spazio, un paesaggio che si estende lungo la loro superficie di bronzo, unendosi a essa in un connubio unico e potente. Questo paesaggio diventa qualcosa di straordinario, complesso e fragile allo stesso tempo, richiedendo una protezione particolare. Essi incarnano i due fratelli Eteocle e Polinice, che si uccidono a vicenda per la stessa corona, ma sono anche i santi Cosma e Damiano, i protettori di Riace e della sua comunità.
Oltre a essere figure mitologiche, i Bronzi sono anche esseri umani in carne e ossa: una giovane donna di Riace che lotta per l’emancipazione, ispirandosi a figure come Adele Cambria, giornalista e intellettuale attiva nella storia della Calabria. Sono anche uno studioso di fama internazionale che dedica la sua vita allo studio delle statue, così come un giovane Rom di Lamezia Terme che le scopre per la prima volta. Inoltre, comprendono il sub romano che le recupera dal fondo del mare e i quattro adolescenti di Riace che credono di averle viste per primi. I Bronzi rappresentano un riflesso di noi stessi nel corso dei secoli. Chiunque li guardi, si sente estasiato e rapito, riflettendosi sulla superficie metallica delle statue. Questo desiderio di noi stessi e delle nostre aspirazioni è il motivo per cui i Bronzi sono considerati “Semidei”. Il film “Semidei” è una dichiarazione d’amore alla Calabria e alla sua gente, a cui i Bronzi hanno affidato un messaggio di pace di cui l’intera umanità ha bisogno, soprattutto oggi. [Fabio Mollo, Alessandra Cataleta]
In definitiva, “Semidei” va oltre la semplice documentazione delle opere d’arte, diventando un’apologia della bellezza e della comprensione reciproca. Il suo messaggio di pace, veicolato dai Bronzi di Riace, si estende nella storia e si riflette nella contemporaneità, suggerendo che, nonostante i secoli trascorsi, la ricerca di pace e bellezza rimane un desiderio universale, ancorato alle opere d’arte e alle storie di una terra affascinante come la Calabria. Con la sua profondità narrativa e il suo impegno artistico, “Semidei” si presenta come un contributo significativo alla comprensione e alla celebrazione di una delle più grandi opere dell’antichità e delle complesse sfaccettature della Calabria odierna.
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